Frammenti di un immenso affresco            
                     
    di Guido Perocco            
                     
                     
    All’inizio di questo libro sulla Pittura di Ernani Costantini ho letto due versi di Charles Peguy. L’incontro di questo poeta con Costantini non è casuale, perché nella personalità di Costantini si notano due caratteri di fondo che richiamano Peguy: l’ordine e l’ardore. L’ordine proviene da un senso religioso della vita in rapporto ai fini ultimi. Questo pensiero fa da supporto alla vita e permette un senso di letizia anche alla fantasia dell’artista che è libera ed innocente e sa conservare perciò un ardore giovanile, qualcosa di fresco e di affettuoso nei riguardi della vita che appartiene alla prima giovinezza, l’età tipica dell’ardore.
Per capire la pittura di Costantini c’è bisogno di questa premessa. La fantasia infatti soffia su ogni immagine del pittore, per cui le cose non pesano più, si dispongono secondo un’altra legge di gravità, non quella usuale, una legge che non tiene conto del peso specifico dei corpi e fa volare i fiori, gli aranci, i vasi e perfino i pani sopra la tavola.
Anche la figura non pesa, spesso essa ci viene presentata come apparizione, immagine ferma per un attimo innanzi agli occhi per poi scomparire, come avviene nei sogni.
Ma nel fondo c’è un ordine che regola ogni cosa e che regge tutto ciò che per sua natura tende a volare. Questo principio che è strutturale e pittorico sul quadro risponde anche ad una esigenza intima dell’artista e del suo lavoro.
La pittura di Costantini, dopo questa prima apparizione, va osservata da vicino. Si può scrutarla con metro antico perché è ben fatta, curata, meditata e spontanea allo stesso tempo. Tuttavia ha anche i difetti del pittore innocente, che crede con occhi aperti a tutta la bellezza del creato e si lascia prendere dall’incanto di qualunque soggetto, anche di quei soggetti che i pittori d’oggi cercano di evitare per non scoprirsi troppo.
Di solito il pittore d’oggi preferisce coltivare il suo campetto, evitare gli errori, porre una sigla di riconoscimento, curare un pochino il proprio cliente e soprattutto l’occhio esigente del critico che è sempre contento di inquadrare l’artista con un’etichetta.
Costantini è pittore libero e autentico, tipicamente veneziano nella predilezione per il colore, nella gioia elementare di esprimersi con il colore, che dà l’abbrivio alla invenzione e comporta di per se un antico incantamento. Egli si collega, senza avvedersene e senza alcun programma, alla pittura veneta del Settecento, quella più leggera, propria degli affreschi, dove il frammento prezioso si mescola nel contesto di un lungo racconto, ove tutto diviene aereo e vaporoso e gli angeli volano assieme agli uomini, alle virtù femminili, morbide e ben nutrite, alla gloria, al tempo e alla fama. Figure, frutta, fiori, paesaggi, nature morte del nostro pittore sono frammenti di un suo unico immenso affresco. Lo stile di questo affresco collega insieme il Settecento al Liberty, senza passare attraverso l’Ottocento, conosce i segreti dei grandi pittori della nostra epoca e se ne libera con gioia, per sentire più sicuro il proprio canto.
   
                     
                     
        Guido Perocco
Luglio 1973
           
                     
                     
                     
                     
                     
                     
                     
                     
                     
                             
                             
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