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Ernani Costantini – Il vincolo narrativo * |
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di Ivo Prandin |
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C'è un vuoto a forma
di Dio nel cuore
di ogni persona,
e non può mai
essere riempito
da nessuna cosa.
Apocrifo di Pascal
Ogni opera d'arte
è figlia del suo tempo,
e spesso è madre
dei nostri sentimenti.
W. Kandinsky |
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Cena in Emmaus,1959, acrilico su intonaco, Mestre, Santuario della Madonna della Salute |
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L'incontro con i temi propri dell'arte religiosa è un momento importante per un artista figurativo, un mettersi alla prova. Lo è stato, sicuramente, per Ernani Costantini, occhio d'artista da sempre 'invischiato' negli strati profondi del mondo attuale, fino a connettersi alle radici spirituali condivise. Da laico, senza pretese teologiche, con animo sensibile al bene Uomo. Oggi le sue opere pittoriche, intessute sulle storie della cristianità, tramandate attraverso il messaggio evangelico e affrontati sui testi canonici con intensità intellettuale, sono diffuse in varie chiese, in particolare in quelle del territorio veneziano.
Breve inciso: a proposito della presenza di questo artista nel mondo religioso – quello per intenderci della ritualità cattolica – dovremmo abituarci a considerare le nostre chiese, di qualunque dimensione, come nicchie di storie rappresentate, diciamo pure come musei viventi del sentimento religioso e, insieme, anche come libri aperti, carichi di valori civili connessi alla spiritualità e alla devozione.
In una città mobile qual è Mestre, le chiese sono state avamposti di crescita, fattori di coesione sociale, espressione di cultura. Ne sono sorte molte, nella terraferma di Venezia, e Costantini è stato invitato a renderle comunicative con le affascinanti personalità bibliche. Ernani le ha dipinte su pareti bianche a volte fresche di calce, e lì oggi le sue figurazioni spiccano come 'illustrazioni' dei testi architettonici e ne dilatano lo spazio fisico e spirituale. I suoi murali e le sue tele lo ricordano (è scomparso nel 2007) nel santuario della Salute in via Torre Belfredo (1985/2001) e nelle frazioni di Altobello (1966), Carpenedo, Cipressina e Santa Barbara nel periodo fra il 1967 e il 1982; e in due chiese di Marghera, dove c'è anche l'ultimo suo lavoro, il graffito esterno della chiesa della Santissima Resurrezione nel quartiere Cita (2005).
Questo patrimonio figurativo colloca Ernani nel ruolo di artista coinvolto nel destino della pòlis, come catalizzatore, cioè fattore di processi di conoscenza tipici dell'Arte.
Queste chiese, che troviamo incastonate fra i condomini e gli edifici pubblici delle città, sono scrigni di silenzio dove si esercitano, alla pari, l'ascolto e lo sguardo dei cittadini. In questi spazi di ombra e luce in armonioso contrasto, e anche di esclusione e accoglienza, le immagini dipinte sui muri hanno il ruolo, diciamo meglio il potere, «di connettere le persone senza bisogno delle parole. Puoi guardare un'immagine e sentire subito qualcosa» (Ami Vitale, giornalista Usa). |
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Angelo annunciante, 1985, acrilico su intonaco, Mestre, Santuario della Madonna della Salute |
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C'è un particolare che nell'immagine, nella figura dipinta in questo caso, ci colpisce: abbiamo l'impressione che quelle figure, quei personaggi guardino noi che li guardiamo.
È l'emozione di sentirsi osservati, quasi una richiesta di (impossibile) dialogo. Rimane in ogni caso una forte attrazione, il cosiddetto magnetismo dell'icona.
Il vasto ciclo mariano, realizzato in murale a fasi successive sulle pareti della chiesa novecentesca della Salute a Mestre ospita una personale «rappresentazione sensibile di Maria» (Massimo Cacciari, in Generare Dio, 2017). Si tratta di un'opera di ampio respiro – sei anni di impegno – in sé conclusa, un racconto per immagini perfetto, tratto dal patrimonio biblico-evangelico, come dire la fonte che vincola da secoli ogni artista alla narrazione: anzi a una narrazione sulla narrazione, che è un narrare al quadrato. Ernani lo ha realizzato sapendo benissimo che i 'suoi' temi sono stati interpretati da migliaia di artisti nel corso della storia: la tradizione, dunque, tenuta come sfondo mentale, e così la testimonianza dei grandi pittori non solo veneziani che lo hanno preceduto (per esempio, Tintoretto). A tutto questo va aggiunta la lettura profonda dei sacri testi: da quelle parole antiche, originali, Costantini ha tratto i caratteri – la psicologia – e le azioni delle sue figure dando vita a una storia di storie: visiva, attraente e delicata. E moderna.
Di questo nostro artista – del quale si è scritto che «pensava con il pennello in mano» – e che ha saputo immergersi «nell'indicibile» con il linguaggio dei colori, parliamo in occasione del recupero – della salvezza – delle pitture murali eseguite fra il 1985 e il 1991 all'interno del santuario mestrino della Salute le cui pareti sono interamente 'firmate' da lui (il décor è completato dal portale di Gianni Aricò e dalle vetrate di Angelo Fuga). La conservazione della decorazione pittorica si è resa necessaria perché il colore era stato qua e là intaccato da umidità e agenti atmosferici con la minaccia della perdita d'immagine – come spesso accade all'arte murale, e non soltanto a quella. Bisognava evitare che ne soffrissero il 'respiro religioso' del santuario che è anche patrimonio artistico della città.
L'occasione ci consente una rivisitazione del complesso lavoro svolto dall'artista veneziano in terraferma sul finire del XX secolo e, nello stesso tempo, di segnalare il recupero di un bene – la chiesa della Salute – che ha una sua specificità, direi una propria dimensione culturale e di pietas religiosa insieme al legame con la città di terraferma.
Ma c'è una premessa necessaria, che comunque aiuterà a guardare/vedere consapevolmente l'insieme dell'opera. Parliamo dell'insofferenza del nostro artista per la definizione di 'arte sacra' abitualmente attribuita alla pittura di soggetti religiosi derivanti dalla personalità del santo dedicatario di un preciso luogo sacro e ad esso correlati (per esempio gli apostoli, i santi, gli angeli ecc.).
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Annunciata, 1985, acrilico su intonaco, Mestre, Santuario della Madonna della Salute |
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Cristo e l'adultera, 1997, olo su tela, chiesa della SS Risurrezione, Marghera |
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Per motivare il suo pensiero, Costantini ha scritto un libro: Arte sacra. No (1990), che si può leggere quasi come il suo testamento etico, nel quale – con le risorse di una personale cultura sfaccettata – mette a confronto diverse posizioni dottrinali e ideologiche, tra filosofi, papi e, ovviamente, artisti del proprio tempo. Un animato pamphlet che toglie di mezzo ogni equivoco sulla 'vocazione' del pittore.
L'opera restaurata è composta da un ciclo di dipinti che si legano all'immaginario religioso cristiano, ispirati come sono alla figura della Vergine e alla sua parabola terrena. Sui bianchi muri dell'edificio il Nostro ha dispiegato i propri mezzi espressivi con sincera adesione al tema scelto meditandone il messaggio e aderendovi con autentica partecipazione che lo ha reso 'eloquente': del resto, questo è il suo stile, riscontrabile in tutto il corso del suo lavoro pittorico che ha significato «dipingere ancora con vecchie tecniche secolari». In breve, Ernani è stato fedele al linguaggio figurativo, tenendosi ostentatamente lontano dalla babele delle estetiche 'spinte' del Novecento. Lasciando da parte,
senza dimenticarla, «quella immensa cosa che è il sacro», egli si mette al servizio di una voce che gli arriva dal profondo pozzo del passato di cui ha colto la voce che chiama l'Uomo, da quelle «parole che non passano» e echeggiano «dall'estremità della terra all'estremità del cielo» e si comporta come artista «impegnato professionalmente nella Chiesa».
Il tempo e il luogo abitato profeticamente da Gesù e dalla sua umanissima cerchia, tradotto in vere e proprie 'scene' si riflette nelle sue tele e negli affreschi: un mondo di valori sublimi e inaccessibili. Possiamo dire che quel mondo è il suo, nel senso che Ernani lo vive instaurando una relazione complessa con il Nuovo Testamento: questo avviene anche grazie al sincero senso etico e religioso della vita (che implica una fede).
Se è vero che, davanti a una 'figura' dipinta è il nostro sguardo ad essere attivato, è anche vero che quell'icona ci tocca in profondità come un vento che «entra nella mente e ne turba le foglie» (Giorgio Caproni).
Oltre tutto, c'è da considerare il fascino proprio dei 'colori narranti' che sono la visualizzazione di storie scritte venti secoli fa e trasmesse a noi con il peso del loro mistero.
Le decorazioni pittoriche realizzate in varie chiese mostrano il sublime del divino calato–incarnato nell'umano, sono figurazioni che 'decorano' ambienti speciali là dove si respira il mistero del sacro e si percepisce «la nostalgia dell'eterno che abita da sempre nei nostri cuori» (Susanna Tamaro). In questi luoghi, chiusi ai rumori del mondo, l'arte è stata sempre 'popolare', sia per la devozione sia per l'effetto educativo sui fedeli che avviene attraverso la suggestione delle immagini. |
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In fondo, le figure 'messe in scena' dall'artista e da lui inventate evocando le storie della Bibbia. Cercando di leggere nella mente del pittore, direi che quelle 'persone sacre' protagoniste del suo lavoro creativo possiamo dire che ci rappresentano: siamo noi quella gente, sono i nostri i loro volti, le fisionomie, i gesti – il tempo non ha cancellato l'umanità che anela al sovra-umano, che si chiama anche l'Altro. L'artista ha cercato attorno a sé, e ha trovato i modelli. Oso dire che su quelle pareti bianche 'tatuate' dal lavoro del nostro pittore, cioè scritte con figure, leggiamo o semplicemente contempliamo vicende e personaggi che ci riguardano e ci commuovono perché contengono le radici stesse della nostra eredità spirituale.
Dovremmo chiederci se e quanto abbiano ancora forza comunicativa – ovvero se abbiano senso e valore – queste pitture narranti, e quale ruolo sia attribuito alle immagine evocative e trasfiguranti che Ernani adatta alla nostra sensibilità.
L'arte è un aspetto nobile dello spirito, nasce nel cuore dell'artista ma si irradia, come un'esplosione, nella coralità dei fedeli. E, in ogni caso, bussa alla coscienza di chiunque si fermi a contemplare quelle sacre rappresentazioni incastonate nell'architettura primo Novecento di Via Torre Belfredo a Mestre.
Per apprezzare questi dipinti nel loro valore intrinseco, è bene osservare che non si trovano in un museo, o pinacoteca o collezione ma vivono all'interno di un tempio, specificatamente un santuario mariano, dove la liturgia è specchio delle scene dipinte e ci convoca – con il suono delle campane… – in uno spazio concluso, definito per la pratica religiosa.
È la liturgia il fine della costruzione, una azione rituale che inizia e finisce entro un tempo dato, cioè lo spazio della messa. Ma c'è una variante: cioè il valore perenne, la funzione e il significato delle pareti dipinte vanno oltre il breve spazio di una cerimonia, per quanto suggestiva possa essere. La verità è che il pittore lavora per liberare la sua opera dai lacci del tempo: il suo de–scrivere la storia umana di Maria è vivo in una dimensione che sta 'fra terra e cielo'.
La fede vince il tempo? Nel nostro tempo, che è quello di Ernani Costantini, le sacre vicende incernierate sulla madre di Gesù – Colei che ha generato Dio – sono l'architrave della cristianità: vengono da lontano, attraversano il nostro presente, ci toccano e si infuturano.
Il discorso non è completo se non si cita un particolare di alta suggestione: la chiesa della Salute custodisce del nostro artista una Via Crucis (1986) di straordinario impatto visivo – ed emotivo. Collocate sulla parete di sinistra del tempio, le quattordici 'stazioni' che rievocano il sacrificio di Gesù sono impaginate in un unico blocco e il loro ritmo espressivo è il risultato di un contrappunto di alta tragicità. Un capolavoro che rende onore all'artista che ha saputo imprimervi 'lo spirito dell'autore'.
Da oggi, nell'arcobaleno dei colori risanati, il vasto testo pittorico offre ai fedeli – e a tutti i cittadini che vorranno visitarlo – la sua carica di mistero, quell'indicibile pulsione che sostiene il percorso storico di Maria, la sua avventura umana. E tutto si illumina di trascendenza. |
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Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme, (Via crucis st. 8I) ,1986, olio su tela, Mestre, Santuario della Madonna della Salute |
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*^Dal volume AA. VV., La Madonna della Salute di Mestre : da Oratorio dei Battuti a Santuario diocesano, Marcianum Press, Venezia, 2019 |
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